Editoriale

di Domenico Condito
  
L’Arte della Fuga di J. S. Bach, sublime alchimia di arte e scienza, estro e disciplina, è la nostra partitura “ideale”. Un viaggio musicale “senza fine”, ricco di valenze simboliche, in cui prende forma la rigenerazione perenne del pensiero. Un'immersione nella dimensione creativa della spirito, che genera idee colme di futuro.

Occorre liberare l’emergenza di eternità respinta nei fondali della nostra coscienza. La forza profonda della partitura di Bach, aliena da compromessi, può orientare questo percorso. Le sue geniali e vertiginose variazioni, risuonanti nell’intelletto più che all’orecchio, spezzano le incrostazioni secolari del senso comune, scardinano la sottomissione ai “falsi” dogmatismi, superano le semplificazioni banali e accomodanti. Sono pulsioni vitali che giungono come una folgore ad illuminare il mondo contemporaneo, attualizzando l'opera di rinascita.

L’Arte della Fuga era destinata alla “Società per corrispondenza delle scienze musicali” (Corrispondierende Societät der musikalischen Wissenschaften), fondata da Lorenz Christoph nel 1738. La Società, alla quale aveva aderito anche Bach, accoglieva intellettuali di comprovata competenza matematica e filosofica. Il suo scopo era quello di promuovere attività di ricerca, favorendo lo scambio scientifico tra i suoi membri. E la musica, che fin dal medioevo apparteneva al Quadrivium, insieme ad aritmetica, geometria e astronomia, era considerata una disciplina scientifica, in quanto studio della musica mundana, quella prodotta dalle sfere celesti nel loro movimento armonico esplicato nel numero.

Il progetto di Bach consiste nell’applicazione del principio della variazione all’unico tema esposto in apertura. Il musicista sviluppa la breve sequenza di note ricercando tutte le combinazioni contrappuntistiche possibili, fin quasi a trascendere la materiale possibilità d’esecuzione. Ne scaturisce un edificio musicale prodigioso, dove, coniugando fantasia debordante e alta sapienza tecnica, l’artista-scienziato realizza un’organizzazione suprema del materiale sonoro. Una successione mirabolante di fughe semplici, controfughe, fughe doppie, a specchio, canoniche e triple, elaborate, secondo Della Corte e Pannain, “con una freddezza di calcolo, tra il cinismo e la virtuosità, ma che in Bach prende la forma di una grandiosa tranquillità di coscienza”.

L’Arte della Fuga è un capolavoro senza tempo. Fu considerata troppo “moderna” per la sua epoca, e soltanto oggi è riconosciuta come uno dei vertici della musica di tutti i tempi. Un’opera “incompiuta”, o per meglio dire un universo “aperto”, quasi a significare che non è possibile fissare limiti al genio creativo dell'uomo, alla sperimentazione di nuovi percorsi di ricerca, all'ampliamento della conoscenza.

Sospinti dalla "fuga" del genio bachiano, vi renderemo partecipi della nostra personale avventura nell'universo dello spirito e della conoscenza.

Adam Cvijanovic, Stardust, 2010
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