La bolla epistolare inviata da Papa Pasquale II a Pietro, vescovo di Squillace

Il documento, datato 5 aprile 1110, celebra la fine del dominio bizantino. La Chiesa di Squillace viene posta “sub speciali iure” della Sede Apostolica, cioè sotto la diretta protezione del Papa. Inoltre, vengono confermate le donazioni alla stessa Chiesa di Squillace fatte da Adelasia e suo figlio Ruggero II (futuro re di Sicilia). Le elargizioni comprendono le terre di Paleopoli e Roccella, con l’oratorio di Santa Maria.

di Domenico Condito

Papa Pasquale II e Filippo I di Francia.
“Grandes Chroniques de France”, XV secolo,
Parigi, Dipartimento dei Manoscritti, Francese 2813, folio 187r.

È un documento tratta di grande importanza per la storia medievale della Diocesi di Squillace. Si tratta della bolla epistolare, datata 5 aprile 1110, indirizzata da Papa Pasquale II a Pietro, vescovo di Squillace, in Calabria. Il testo celebra la fine della “invasione tirannica dei Greci”, cioè del dominio bizantino, grazie alle vittorie di Roberto il Guiscardo e Ruggero I, i due fratelli normanni che conquistarono la Calabria e la Sicilia. Con questo decreto la chiesa di Squillace viene confermata sub speciali iure della Sede Apostolica, cioè sotto la diretta protezione del Papa. Ciò garantiva alla chiesa squillacese la libertà da interferenze secolari, l’immunità da tassazioni o espropri e la consacrazione dei vescovi solo per mano del Papa. 

La lettera, inoltre, elenca e conferma le donazioni della contessa Adelasia (Adelaide, moglie di Roberto il Guiscardo) e di suo figlio Ruggero alla Chiesa di Squillace. Le elargizioni comprendono le terre di Paleopoli e "l'oratorio" di Santa Maria (della Roccella; foto in basso). Vengono anche confermati i confini della Diocesi, già attestati da testimoni e documenti antichi: un territorio vastissimo compreso tra i fiumi Croclea (nome medievale del fiume Crocchio) e il fiume Alaro (Allaro), ovvero tra la Presila calabrese e le Serre. Il documento cita il “beato Gregorio” (Papa Gregorio Magno), come autore delle antiche concessioni alla Chiesa di Squillace, e Papa Urbano II, predecessore di Pasquale II, che aveva già concesso privilegi alla stessa Chiesa. E chiunque oserà violare i diritti della Chiesa di Squillace viene minacciato di scomunica e di esclusione dalla comunione con Cristo. 

La lettera aiuta a comprendere la transizione dalla dominazione bizantina a quella normanna, e il ruolo della Chiesa come centro di potere e di stabilità in un’epoca di profonde trasformazioni. Intanto, si prepara la formazione del Regno di Sicilia, che nascerà pochi decenni dopo sotto Ruggero II. Si tratta di un documento già citato da qualche studioso, ma qui viene proposto nella sua versione integrale. 

Segue il testo della bolla papale, tradotto dal latino all’italiano: 

Pasquale, vescovo, servo dei servi di Dio, al venerabile fratello Pietro, vescovo di Squillace, e ai suoi successori canonicamente promossi, in perpetuo. L’autorità della Sede Apostolica ci impone di essere solleciti per la condizione delle Chiese, correggendo ciò che è errato e stabilendo ciò che è retto. È noto, infatti, che la Chiesa di Squillace, della quale sei stato costituito Pastore per nostra volontà e per grazia del Signore, da tempi antichi è rimasta sotto la speciale giurisdizione della Sede Apostolica, come risulta dalle autentiche scritture del beato Gregorio, per chi indaga la verità. Poiché dunque, per volontà divina, grazie alle fatiche e vittorie dei valorosissimi fratelli Roberto, già duca di nobile memoria, e del conte Ruggero, è cessata l’invasione tirannica dei Greci sia su questa che sulle altre Chiese della Calabria, noi, seguendo le orme del nostro predecessore Papa Urbano II, confermiamo la Chiesa di Squillace sotto il diritto speciale della Santa Sede Apostolica, e stabiliamo che si osservi perpetuamente che, come tu, così anche i tuoi successori siano sempre consacrati per mano dei Pontefici Romani. A tutto ciò aggiungiamo i territori compresi entro il perimetro fluviale, dove dai monti superiori i torrenti confluiscono nei fiumi Croclea e Alaro, e questi stessi fiumi sfociano nel Mare Adriatico. In tale area, alla presenza dei nostri fratelli vescovi di tutta la Sicilia e di alcuni della Calabria, davanti al suddetto conte Ruggero e secondo la testimonianza di anziani e di testimoni di lunga data, è stato riconosciuto — come già stabilito dal nostro predecessore Urbano II — che tali beni appartenevano da tempo antico alla Chiesa di Squillace. Parimenti, ciò che il beato Gregorio si legge abbia conferito alla Chiesa di Squillace, rimanga sempre fermo e integro in possesso tuo, dei tuoi successori e della stessa Chiesa. Inoltre, i coloni o i beni di Paleopoli e di Roccella, che la contessa Adelasia con il figlio Ruggero ha donato alla Chiesa di Squillace per la redenzione dell’anima del suddetto conte Ruggero, noi li confermiamo alla medesima Chiesa, insieme all’oratorio di Santa Maria che vi è situato, con diritto di proprietà. Inoltre, tutto ciò che in futuro potrà essere acquisito giustamente e canonicamente per liberalità dei principi o per offerta dei fedeli, sia conservato intatto con stabilità perpetua. Pertanto, decretiamo che nessuno possa osare turbare temerariamente la medesima Chiesa, né sottrarre i suoi beni, né trattenere quelli sottratti, né diminuirli, né affliggerla con vessazioni temerarie; ma siano conservati integralmente per l’uso di coloro per i quali sono stati concessi per sostentamento e governo, a beneficio in ogni modo. Se qualche persona ecclesiastica o secolare, conoscendo questa nostra costituzione, tenterà temerariamente di agire contro di essa, dopo essere stata ammonita una seconda e una terza volta, se non avrà emendato con piena soddisfazione, perda la dignità del proprio onore, sappia di essere colpevole davanti al giudizio divino per l’iniquità commessa, e sia esclusa dal santissimo Corpo e Sangue di Dio e del nostro Redentore Gesù Cristo, e nel giudizio finale sia sottoposta alla severa punizione. A tutti coloro che rispettano i diritti della medesima Chiesa sia concessa la pace del nostro Signore Gesù Cristo, affinché ricevano qui il frutto delle buone azioni e trovino presso il Giudice supremo il premio della pace eterna. Amen, amen. 
Dato in Laterano per mano di Giovanni, cardinale diacono della Santa Romana Chiesa e bibliotecario, alle none di aprile, indizione XI, anno dell’Incarnazione del Signore 1110, anno XI del pontificato di Papa Pasquale II. Data: 5 aprile 1110, anno XI del pontificato”.

Ruderi della Chiesa di Santa Maria della Roccella.
Parco Archeologico di "Scolacium", Roccelletta di Borgia (CZ).

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