San Gregorio Taumaturgo nella lettera di Papa Gregorio II a Leone Isaurico

Contro la furia iconoclasta il Vescovo di Roma fa appello alla santità e all'autorità spirituale e dottrinale dell'antico Vescovo di Neocesarea.
Domenico Condito
 
San Gregorio Taumaturgo in una miniatura del X secolo
Athos, Monastero di Stravronikita, ms. 43, f. 12r. 
 
Nel contesto drammatico dell’avvio della persecuzione iconoclasta, Papa Gregorio II si rivolse con fermezza all’imperatore Leone III Isaurico, opponendosi alla distruzione sistematica delle immagini sacre e delle reliquie cristiane. In una lettera di straordinaria intensità teologica e pastorale, il Pontefice evocò l’autorità spirituale di San Gregorio Taumaturgo, figura eminente della tradizione orientale, per ribadire la legittimità del culto delle immagini e la continuità della fede apostolica. 
 
San Gregorio Taumaturgo, nato nel 213 a Neocesarea (l’odierna Niksar, in Turchia), fu vescovo e missionario instancabile, evangelizzatore del Ponto e della Cappadocia pontica. Morì nel 270, lasciando un’eredità spirituale straordinaria, fondata su una predicazione carismatica e su numerosi miracoli che gli valsero il titolo di “Taumaturgo”. Il suo culto si diffuse rapidamente nelle regioni orientali dell’Impero, alimentato da una tradizione orale che ne celebrava le gesta e ne custodiva la memoria. 
 
La sua figura fu riconosciuta come fondativa dai grandi Padri Cappadoci: Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno lo considerarono il precursore del monachesimo e il pilastro della Chiesa locale. In particolare, Basilio e il Nisseno ne consolidarono la memoria nei loro scritti, conferendole autorevolezza dottrinale e contribuendo alla sua diffusione in tutta l’Asia Minore, fino a Costantinopoli e oltre. Come osserva il prof. Dattrino, “San Gregorio Taumaturgo aveva riempito del suo nome l’Oriente cristiano”, divenendo una figura di riferimento per l’intero universo bizantino. 
 
È in questo solco che si colloca la citazione di Papa Gregorio II, il quale, nel 726, invocò San Gregorio Taumaturgo come testimone della fede autentica contro le derive iconoclaste dell’imperatore. Di fronte alle minacce di Leone Isaurico — che si proclamava imperatore e sacerdote e minacciava di deportare il Papa a Costantinopoli e distruggere la statua bronzea di San Pietro — Gregorio II rispose con vigore, appellandosi alla tradizione dei santi e dei dottori della Chiesa. 
 
Scrisse il Pontefice: “Non muti sentimento, ma perseveri negli stessi mali, né sai quelle cose che sono di Cristo, per seguire ed imitare i santi e celebri operatori di miracoli, Padri nostri e dottori. Né parlo semplicemente di dottori pellegrini, ma soltanto di coloro che uscirono dalla tua città e paese. Chi più sapiente di Gregorio il Taumaturgo, il facitore di miracoli, di Gregorio Nisseno, di Gregorio teologo, di Basilio di Cappadocia e di Giovanni Crisostomo? Per non rammemorare infinite migliaia di santi ad essi simili, e di Padri e di dottori nostri, pieni di Dio. Ma tu hai tenuto dietro al pervicace animo tuo, ed alle perturbazioni domestiche, ed hai scritto: Sono Imperatore e sacerdote (…). Quelli sono Imperatori e sacerdoti, che lo mostrarono col fatto: ma tu, occupato l’Impero, mai osservasti le definizioni dei Padri, ma avendo trovato le sante Chiese vestite d’indumenti con frange in oro e variopinti, le spogliasti d’adornamento e le hai devastaste”. 
 
Con queste parole, il Papa non solo difendeva il culto delle immagini, ma riaffermava la centralità della tradizione patristica e il ruolo imprescindibile dei santi taumaturghi come garanti della verità cristiana. San Gregorio Taumaturgo, in particolare, veniva proposto come modello di sapienza, potenza spirituale e fedeltà alla rivelazione, in netto contrasto con le pretese teocratiche dell’imperatore. 
 
Una testimonianza di fede, dottrina e coraggio che ancora oggi illumina la storia della Chiesa.

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