Riaccendiamo il fuoco: l’Eucaristia come risposta alla crisi della Chiesa del nostro tempo

Dal Concilio di Trento alla cultura liquida di oggi: la necessità di un “anno sabbatico” per riscoprire la Santa Messa e lAdorazione eucaristica come fonte di unità, santità e salvezza.
Domenico Condito

Le vetrate dell'abside Sainte-Chapelle di Parigi.

Nel XVI secolo, il Concilio di Trento fu una risposta vigorosa alla crisi spirituale e dottrinale che minacciava l’unità della Chiesa. In un’epoca segnata dalla Riforma protestante e dalla confusione teologica, la Chiesa cattolica reagì con fermezza: riformò la liturgia, rafforzò la formazione del clero e riaffermò la centralità dell’Eucaristia, il “Sacramento della santità”.

Oggi, in un tempo di pace solo apparente e di profonda disgregazione dottrinale e spirituale, ci si chiede se la Chiesa abbia ancora la forza di reagire con la stessa lucidità e determinazione dei Padri tridentini. Se persino qualche cardinale teorizza la Verità come opinabile, ogni opinione rivendica la parvenza di Verità.
Dopo Trento, la Chiesa si impegnò in una catechesi capillare e rigorosa. Il Catechismo Romano, redatto per istruire i parroci, divenne strumento fondamentale per trasmettere la fede. La Santa Messa, il “Sacrificio”, fu restaurata nella sua dignità e solennità, con il Missale Romanum di San Pio V che garantiva uniformità e sacralità. I seminari furono istituiti per formare sacerdoti colti, devoti e consapevoli della loro missione: salvare le anime, prendendole a cuore più della propria vita.

C’era una visione condivisa, e la Chiesa era animata da un’urgenza escatologica: viveva nel mondo, ma aveva già lanciato il cuore oltre la meta, “perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21). Ogni confessione, predica e celebrazione liturgica era orientata alla salvezza eterna. Il sacerdote, guaritore ferito, era visto come medico delle anime, e il popolo cristiano era educato a vivere la Santa Messa come il centro della propria esistenza e della storia del mondo.

Intendiamoci: non era una Chiesa di perfetti, e la condizione del clero, come quella dei fedeli, al contrario, non era sempre tutta santa. Ma si era ancora capaci di consapevolezza, e venivano indicati con forza i rimedi.

Oggi, la situazione è radicalmente diversa. La Santa Messa, per molti cattolici, è diventata un rito marginale, spesso svuotato di senso. La partecipazione è in calo, la catechesi è frammentaria, e il linguaggio liturgico è spesso banalizzato, talvolta deturpato dal “narcisismo creativo” di qualche sconsiderato. La formazione del clero, pur ricca di strumenti accademici, sembra talvolta trascurare la dimensione spirituale e pastorale della missione abbracciata.

Troppo spesso, la Chiesa sembra aver smarrito l’urgenza della salvezza: tanto siamo tutti salvi. Si dimentica che Dio è infinitamente misericordioso, ma anche infinitamente giusto. Si parla molto di inclusione, dialogo, ecologia, ma raramente si sente il grido profetico che richiama alla conversione. Il sacerdote è spesso percepito come un funzionario, più che come pastore o alter Christus, e l’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, rischia di essere ridotta a simbolo, anziché vissuta come presenza reale di Cristo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

Il confronto tra le due epoche non vuole essere nostalgico, ma profetico. La Chiesa post-tridentina, pur con i suoi limiti storici, aveva chiara la propria missione: custodire il mistero della fede e trasmetterlo con zelo. La Chiesa di oggi, immersa in una cultura liquida e relativista, ha bisogno di ritrovare quel “fuoco”.
Ricominciare dalla Santa Messa, dalla catechesi, dalla formazione spirituale del clero: non è un passo indietro, ma un ritorno alle radici, al mandato evangelico. Solo così la Chiesa potrà rispondere alla crisi attuale non con strategie sociologiche, ma con la forza del Vangelo.

La statua di San Luigi IX. 
Cappella Sainte-Chapelle di Parigi

Nella seconda metà del Seicento, Guillaume de Saint-Martin, predicatore ordinario del Re e curato della Cappella inferiore della Sainte-Chapelle di Parigi, nei suoi sermoni dedicati all’adorazione e alla centralità dell’Eucaristia, sosteneva che il Sacramento dell’Altare è un fuoco che santifica e rinnova: “Il fuoco delle passioni divora tutti i beni, ma il fuoco dell’Eucaristia divora tutti i mali; il primo soffoca le virtù dell’uomo, trasforma l’amore di Dio in furore e cancella le speranze della gloria, rendendo vana la salvezza. Al contrario, il secondo prepara tutti i beni divorando tutti i mali, riconciliando tutti con Dio e ristabilendo ognuno nei diritti della salvezza e della gloria”.

Per superare la crisi del tempo attuale, sogno una Chiesa capace di indire un “anno sabbatico”: un tempo di silenzio e di sospensione delle attività organizzative, dei dibattiti e delle assemblee sinodali. Un tempo in cui la comunità ecclesiale si raccolga attorno all’Eucaristia, cuore pulsante della fede, per riscoprire la centralità della Santa Messa e dell’Adorazione eucaristica come fonte di unità, santità e rinnovamento spirituale. Solo tornando all’essenziale, al Mistero celebrato e adorato, la Chiesa potrà ritrovare la sua identità profonda e la forza per affrontare le sfide del presente: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode” (Salmo 126,1). E se il cuore non arde più, non resta che cenere. Ma l’Eucaristia è fuoco: e il fuoco, quando lo si custodisce, può riaccendere il mondo.

L'abside e il deambulatorio della Cappella inferiore della Sainte-Chapelle di Parigi.

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