Riaccendiamo il fuoco: l’Eucaristia come risposta alla crisi della Chiesa del nostro tempo
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| Le vetrate dell'abside Sainte-Chapelle di Parigi. |
Nel XVI secolo, il Concilio di Trento fu una risposta vigorosa alla crisi spirituale e dottrinale che minacciava l’unità della Chiesa. In un’epoca segnata dalla Riforma protestante e dalla confusione teologica, la Chiesa cattolica reagì con fermezza: riformò la liturgia, rafforzò la formazione del clero e riaffermò la centralità dell’Eucaristia, il “Sacramento della santità”.
Oggi, in un tempo di pace solo apparente e di profonda disgregazione dottrinale e spirituale, ci si chiede se la Chiesa abbia ancora la forza di reagire con la stessa lucidità e determinazione dei Padri tridentini. Se persino qualche cardinale teorizza la Verità come opinabile, ogni opinione rivendica la parvenza di Verità.
Dopo Trento, la Chiesa si impegnò in una catechesi capillare e rigorosa. Il Catechismo Romano, redatto per istruire i parroci, divenne strumento fondamentale per trasmettere la fede. La Santa Messa, il “Sacrificio”, fu restaurata nella sua dignità e solennità, con il Missale Romanum di San Pio V che garantiva uniformità e sacralità. I seminari furono istituiti per formare sacerdoti colti, devoti e consapevoli della loro missione: salvare le anime, prendendole a cuore più della propria vita.
C’era una visione condivisa, e la Chiesa era animata da un’urgenza escatologica: viveva nel mondo, ma aveva già lanciato il cuore oltre la meta, “perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21). Ogni confessione, predica e celebrazione liturgica era orientata alla salvezza eterna. Il sacerdote, guaritore ferito, era visto come medico delle anime, e il popolo cristiano era educato a vivere la Santa Messa come il centro della propria esistenza e della storia del mondo.
Intendiamoci: non era una Chiesa di perfetti, e la condizione del clero, come quella dei fedeli, al contrario, non era sempre tutta santa. Ma si era ancora capaci di consapevolezza, e venivano indicati con forza i rimedi.
Oggi, la situazione è radicalmente diversa. La Santa Messa, per molti cattolici, è diventata un rito marginale, spesso svuotato di senso. La partecipazione è in calo, la catechesi è frammentaria, e il linguaggio liturgico è spesso banalizzato, talvolta deturpato dal “narcisismo creativo” di qualche sconsiderato. La formazione del clero, pur ricca di strumenti accademici, sembra talvolta trascurare la dimensione spirituale e pastorale della missione abbracciata.
Troppo spesso, la Chiesa sembra aver smarrito l’urgenza della salvezza: tanto siamo tutti salvi. Si dimentica che Dio è infinitamente misericordioso, ma anche infinitamente giusto. Si parla molto di inclusione, dialogo, ecologia, ma raramente si sente il grido profetico che richiama alla conversione. Il sacerdote è spesso percepito come un funzionario, più che come pastore o alter Christus, e l’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana, rischia di essere ridotta a simbolo, anziché vissuta come presenza reale di Cristo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità.
Il confronto tra le due epoche non vuole essere nostalgico, ma profetico. La Chiesa post-tridentina, pur con i suoi limiti storici, aveva chiara la propria missione: custodire il mistero della fede e trasmetterlo con zelo. La Chiesa di oggi, immersa in una cultura liquida e relativista, ha bisogno di ritrovare quel “fuoco”.
Ricominciare dalla Santa Messa, dalla catechesi, dalla formazione spirituale del clero: non è un passo indietro, ma un ritorno alle radici, al mandato evangelico. Solo così la Chiesa potrà rispondere alla crisi attuale non con strategie sociologiche, ma con la forza del Vangelo.
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| La statua di San Luigi IX. Cappella Sainte-Chapelle di Parigi |
Nella seconda metà del Seicento, Guillaume de Saint-Martin, predicatore ordinario del Re e curato della Cappella inferiore della Sainte-Chapelle di Parigi, nei suoi sermoni dedicati all’adorazione e alla centralità dell’Eucaristia, sosteneva che il Sacramento dell’Altare è un fuoco che santifica e rinnova: “Il fuoco delle passioni divora tutti i beni, ma il fuoco dell’Eucaristia divora tutti i mali; il primo soffoca le virtù dell’uomo, trasforma l’amore di Dio in furore e cancella le speranze della gloria, rendendo vana la salvezza. Al contrario, il secondo prepara tutti i beni divorando tutti i mali, riconciliando tutti con Dio e ristabilendo ognuno nei diritti della salvezza e della gloria”.
Per superare la crisi del tempo attuale, sogno una Chiesa capace di indire un “anno sabbatico”: un tempo di silenzio e di sospensione delle attività organizzative, dei dibattiti e delle assemblee sinodali. Un tempo in cui la comunità ecclesiale si raccolga attorno all’Eucaristia, cuore pulsante della fede, per riscoprire la centralità della Santa Messa e dell’Adorazione eucaristica come fonte di unità, santità e rinnovamento spirituale. Solo tornando all’essenziale, al Mistero celebrato e adorato, la Chiesa potrà ritrovare la sua identità profonda e la forza per affrontare le sfide del presente: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode” (Salmo 126,1). E se il cuore non arde più, non resta che cenere. Ma l’Eucaristia è fuoco: e il fuoco, quando lo si custodisce, può riaccendere il mondo.
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| L'abside e il deambulatorio della Cappella inferiore della Sainte-Chapelle di Parigi. |



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