Mons. Eugenio Tosi, da vescovo di Squillace a cardinale di Milano

Mons. Eugenio Tosi fu un pastore instancabile, profondamente legato alla Diocesi di Squillace, che amò con intensità rara e autentica. Il suo testamento spirituale e le sue ultime volontà ne sono testimonianza viva e commovente. Sulla salma fu collocata la Croce pettorale donatagli dal clero squillacese: fu una delle sue ultime volontà.
Domenico Condito

Il card. Eugenio Tosi (1864 - 1929).

Il 7 gennaio 1929, si spegneva a Milano il cardinale Eugenio Tosi, arcivescovo metropolita dal 1922, dopo una vita interamente dedicata al ministero pastorale. Nato a Busto Arsizio nel 1864, sacerdote dal 1887 e missionario degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo di Rho, Tosi fu vescovo di Squillace dal 1911 al 1917, poi di Andria fino al 1922, quando fu chiamato a succedere al cardinale Achille Ratti, divenuto Papa Pio XI.

La sua morte fu preceduta da una serena agonia, durante la quale, subito dopo la somministrazione del viatico, adempiendo a una disposizione sinodale, chiese al segretario mons. Ceriani di leggere pubblicamente il suo testamento spirituale. In esso, il cardinale Tosi lasciò un messaggio vibrante di fede e amore, rivolto in particolare ai sacerdoti: 

“Si ricordino tutti i Sacerdoti, e specialmente quelli in cura di anime, che dopo la grazia di Dio, il segreto per lavorare con animo e con frutto in mezzo alle anime, si è di amarle e a guardarle con occhio di fede soprannaturale. Io ho sotto lo sguardo quei bravi Sacerdoti (e sono parecchi) della Diocesi, che per me sono di grande edificazione e di potente eccitamento a sopportare pazientemente le contraddizioni ed i pesi del regime pastorale: amare, amare, amare. Dio li benedica”.

“Amare, amare, amare”: fu il suo ultimo canto, ma anche il principio guida della sua azione pastorale. Nel testamento, Tosi rivolse un pensiero commosso alle diocesi che aveva servito, a cominciare da Squillace, la sua prima sede episcopale

“Domando innanzi tutto perdono, se avessi o come cristiano, o come sacerdote, o come Vescovo di Squillace, di Andria e di Milano, offeso qualcheduno… Posso dirlo con sincerità: non l’ho mai fatto se non per isbaglio. Ho amato tanto e sempre il mio Clero e specialmente la gioventù ed appunto per il mio Clero e la gioventù cercai di pregare molto…”.

Alla lettura del testamento erano presenti, inginocchiati attorno al letto, i familiari, il vicario generale mons. Rossi, i rappresentanti del Capitolo metropolitano, padre Agostino Gemelli, il rettore del Seminario mons. Pettazzi con alcuni professori e chierici, vestiti con bianche cotte e con un cero acceso in mano, e infine alcuni giovani cattolici. Dopo la lettura, quasi tutti i prelati si ritirarono nelle altre sale dell’arcivescovado, e il cardinale Tosi, rimasto con la sola assistenza dei sanitari e dei più intimi, si immerse in un sonno profondo. Morì alle 2:35. Il pomeriggio dello stesso giorno, il Corriere della Sera riportò che “la salma, composta col volto atteggiato a grande serenità, è stata subito sottoposta a un processo di conservazione, e poi rivestita degli abiti pontificali: la dalmatica e la mitra bianca e oro, al dito l’anello episcopale offerto al card. Tosi dal Papa, sul petto la croce preziosa che gli fu donata dai parroci di Squillace quando fu vescovo di quella diocesi, la testa appoggiata su un cuscino di porpora a ricami d’oro”. La collocazione della croce pettorale, dono del clero squillacese, fu una delle sue ultime volontà.

Il vescovo mons. Eugenio Tosi

La sua nomina a vescovo di Squillace non fu priva di controversie. Il Corriere della Sera, il 2 settembre 1910, anticipava la nomina di un sacerdote lombardo, scrivendo: “prosegue nella direttiva intrapresa anni sono, di valersi del clero settentrionale, specialmente lombardo, per disciplinare le diocesi d’Italia, le più lontane di preferenza. Sono forse già dieci o dodici i vescovi nominati in pochissimi anni, tutti appartenenti al clero ambrosiano: Palermo, Siracusa, Alghero, Ravenna, Fermo, Udine e parecchie diocesi più vicine sono tutte affidate a prelati di origine milanese. La nomina di monsignor Tosi, che viene data per sicuro, è una prova della stima e della considerazione in cui il clero dell’Alta Italia è tenuto in Vaticano. Posso assicurare che si tratta di simpatia personale di Pio X”. 

Papa Pio X, oggi santo.
Tuttavia, qualche mese dopo, ai primi di gennaio del 1911, i quotidiani nazionali davano un certo risalto all’agitazione del clero e del popolo della diocesi di Squillace per la nomina a loro vescovo di mons. Eugenio Tosi. In particolare, il Corriere della Sera titolava: “Opposizioni alla nomina del vescovo di Squillace”. Nell’articolo si leggeva che “la scelta di monsignor Tosi, missionario di Rho, a vescovo di Squillace ha incontrato poco favore in questa diocesi; il malcontento si è fatto via via più forte e generale, tanto da costituire una corrente d’opposizione formale della maggioranza. Non è in discussione la persona del vescovo preconizzato, ma il sistema ben chiaro e scoperto di Pio X di nominare vescovi settentrionali, lombardi in preferenza, per disciplinare le diocesi meridionali del continente e della Sicilia. Siccome la sede vescovile di Squillace è di patronato regio, le opposizioni contano di raccogliere i loro sforzi sul terreno civile. Di solito i due poteri, civile e vaticano, si accordano in modo che la nomina e l’accettazione siano preventivamente assicurate. Ma data l’agitazione del clero e del popolo di Squillace, la nomina di monsignor Tosi è rimasta in sospeso. Si spera di appianare gli ostacoli con la pazienza e il tempo; intanto però la consacrazione del nuovo vescovo, che doveva aver luogo quanto prima, si è dovuta rimandare”.

La tensione derivava dalla politica di Pio X, che inviava vescovi del Nord, in particolare lombardi, a ricoprire le sedi del Sud d’Italia. Per il Pontefice la fedeltà dei vescovi al magistero papale era un elemento strategico nella lotta al modernismo, e il clero lombardo aveva un profilo decisamente antimodernista. Per la nomina del nuovo vescovo di Squillace, le mediazioni del Pontefice favorirono una risoluzione positiva della controversia. E così, il 5 aprile 1911, Papa Pio X nominò vescovo mons. Eugenio Tosi, che fu consacrato il 16 aprile 1911 dal cardinale Andrea Carlo Ferrari.

Poco dopo, Tosi raggiunse la sede vescovile di Squillace. Fu l’inizio di un episcopato eminentemente pastorale, che lasciò tracce profonde nella vita ecclesiale della diocesi, conquistando il cuore del clero e del popolo. Squillace ricambiò il vescovo venuto dal Nord amandolo e restandogli fedele. Poco dopo la sua nomina ad Arcivescovo di Milano, mons. Tosi dichiarò alla stampa nazionale che avrebbe guidato la diocesi ambrosiana con lo stile pastorale che aveva animato la sua azione nel Sud d’Italia:

“Verrò a Milano come Pastore religioso e padre di tutti. Se a Squillace e ad Andria ho potuto ottenere qualche non spregevole risultato è perché, postomi al di sopra della mischia politica, mi sono ispirato esclusivamente ai miei doveri di Pastore. Venendo in nome del Santo Padre Pio XI mi atterrò alla stessa linea di condotta”.

La parabola episcopale di Eugenio Tosi a Squillace, iniziata tra le tensioni e le diffidenze, si era conclusa in un abbraccio di affetto reciproco, superando ogni barriera geografica e culturale. In quella terra del Sud, il vescovo lombardo seppe incarnare il volto di un pastore mite, instancabile e profondamente evangelico. Il dono della Croce pettorale, che volle sul petto anche nella morte, fu il sigillo di un legame che non si spezzò mai: Squillace fu la sua prima casa episcopale, il laboratorio del suo stile pastorale, il luogo dove imparò che “amare, amare, amare” non è solo un motto, ma una vocazione. E proprio da Squillace, il suo cuore di pastore prese il volo verso Andria e poi Milano, portando con sé il calore di una diocesi che, nonostante tutto, lo accolse e lo amò come pochi.

La Cattedrale di Squillace (Catanzaro).


 

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