Il Simbolo della Fede di San Gregorio Taumaturgo: quando lo spirito precede il testo – La lettura di Carl Gustav Jung

Il fondatore della psicologia analitica ritiene autentico e spiritualmente significativo il Simbolo di Gregorio, considerandolo una precoce formulazione trinitaria che anticipa le conclusioni del Concilio di Nicea. Contesta l’idea che la Trinità sia stata “ideata” solo in epoca tarda, sottolineando come essa fosse già presente nella visione mistica di Gregorio. 
Domenico Condito 
 
Guercino, "Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo", 1639.
 
L’ipercriticismo di certa filologia, quando si spinge ai limiti del sospetto sistematico, finisce per assomigliare alle sterili dispute sul sesso degli angeli. Prendiamo il caso di Gregorio di Nissa: è arduo, se non arbitrario, immaginarlo come un falsificatore di testi, intento ad attribuire ad altri scritti funzionali alle proprie tesi teologiche e a quelle del fratello Basilio, in opposizione all’arianesimo dilagante. 
 
Ho studiato, e soprattutto meditato, i testi ascetici del Nisseno, cogliendone la bellezza interiore, la profondità spirituale del monaco contemplativo, ma anche il rigore del teologo e dell’esegeta. In lui, la “imitazione della natura divina” non è una formula, ma il cuore stesso della professione cristiana. Questi aspetti sfuggono a chi si fissa esclusivamente sulla “parola”, se questa non è intesa come tramite verso l’universo spirituale che l’ha generata. 
 
Il tecnicismo esasperato, così come il pregiudizio ideologico che talvolta si annida nello studioso, possono diventare ostacoli alla comprensione piena di un testo cristiano antico. La filologia è uno strumento prezioso, spesso indispensabile, ma non autosufficiente. 
 
Questo limite è stato colto, in modo sorprendentemente acuto, da Carl Gustav Jung — che, va detto, non era né filologo né cristiano. Nel suo Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, Jung analizza il Simbolo di San Gregorio Taumaturgo, tramandato da Gregorio di Nissa nella biografia greca del Santo. Si tratta di una breve formulazione della teologia trinitaria che anticipa, in modo impressionante, i contenuti del Concilio di Nicea del 325
 
Alcuni studiosi ritengono che tali anticipazioni rendano il testo incompatibile con il contesto teologico del III secolo, e ne contestano l’attribuzione. Jung, al contrario, ne sostiene l’autenticità, proponendo una lettura “spirituale”: il Simbolo avrebbe potuto realmente anticipare conclusioni dottrinali, perché già presenti “in spirito”, prima ancora d’essere formalizzate teologicamente. Una posizione che la critica testuale non potrà mai accettare — e lo comprendiamo. Ma è proprio questo il punto: la filologia è uno strumento d’indagine fondamentale, ma non l’unico. Quando si tratta di testi spirituali, la parola non è solo segno, ma soffio. E il soffio, a volte, precede la lettera. 
 
A seguire il testo di Carl Gustav Jung:
 
Il Symbolum di Gregorio Taumaturgo
 
   
Carl Gustav Jung
«Dunque, benchè l’Apostolicum non stabilisce la Trinità expressis verbis, essa è già “spiritualmente” presente, e s’incorre in una pura logomachia se, come accade sovente, si insiste sul fatto che essa sia stata “ideata solo molto più tardi”. A questo proposito devo quindi ricordare quella visione di Gregorio Taumaturgo (210-70) in cui gli comparvero la Beata Vergine Maria e san Giovanni e gli comunicarono un Symbolum, che Gregorio trascrisse subito dopo. Dice: 
 
“Un Dio, Padre del Verbo vivente, della (sua) sapienza e virtù di per sé esistenti, della (sua) eterna immagine, perfetto generatore del perfetto, Padre del Figlio unigenito (incomparabile). Un Signore, unico dall’unico, Dio da Dio, immagine ed effige della divinità, verbo operante, sapienza che abbraccia l’esistenza del tutto, virtù creatrice di tutto il creato, vero Figlio del vero Padre, invisibile (Figlio) dell’invisibile (Padre), imperituro dell’imperituro, immortale dell’immortale, eterno dell’eterno. E uno Spirito Santo, che ha la sua esistenza da Dio ed è apparso attraverso il Figlio, effige del Figlio, (effige) perfetta del (Padre) perfetto, causa delle cose viventi, santità, corifeo dei santi, in cui appare Dio Padre, che è sopra tutto e in tutto, e Dio Figlio che è dappertutto. Triade perfetta, non divisa e non diversa in gloria, eternità e potenza”. 
 
Questo Credo trinitario ottenne presto grande autorità, quindi già molto tempo prima della convalidata comparsa dell’Apostolico, assai meno esplicito. Gregorio fu scolaro di Origene circa fino al 238. Origene (182-251) usa il concetto della Trinità e su esso riflette, preoccupandosi specialmente della cosiddetta οίκονομία o dispositio, cioè l’economia, o meglio il governo della Trinità. A questo proposito, egli scrive: “Perciò io ritengo che Dio Padre, che tutto contiene, giunga ad ogni ente, rendendo ciascuno partecipe del suo essere: poiché egli è colui che è. Minore tuttavia del Padre, il Figlio giunge soltanto a quel che è conforme a ragione (rationabilia, alla parte spirituale dell’uomo). Egli è quindi al secondo posto rispetto al Padre. Lo Spirito Santo, ancora minore, non riguarda che i santi. Ne deriva che la potenza del Padre è più grande di quella del Figlio e dello Spirito Santo; e a sua volta più grande è il valore dello Spirito Santo di quello di tutti gli altri esseri santi”. Origene non vede chiaramente l’essenza dello Spirito Santo; infatti egli dice: “Così, per lo spirito di Dio che si librava sull’acque, com’è scritto al principio della creazione del mondo, io credo che non sia altri che lo Spirito Santo”; e prima scrive: “Ma in verità finora non potemmo trovare alcuna testimonianza nelle Sacre Scritture, da cui lo Spirito Santo venisse designato come fattura (factura) o come creazione…”». 
(Carl G. Jung, Opere, vol. 11: Psicologia e religione, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, pp. 143-144).

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