L’incontro tra Papa Pio X e il garibaldino Achille Fazzari

Una pagina di storia inedita, la più sorprendente dell’Italia postunitaria, ispirata dal ritrovamento in Calabria di un prezioso evangelario greco-bizantino dell’XI secolo. L’incontro fu favorito dall’abate Ambrogio Maria Amelli, Priore dell’Abbazia di Montecassino, nel nome di Cassiodoro e della Conciliazione. Fazzari era originario di Stalettì, un comune della costa ionica calabrese.

Domenico Condito

Un estratto dalla mia pubblicazione: L’Evangelario della Conciliazione: ritrovamento e vicende postunitarie del codice greco-bizantino donato da Achille Fazzari a Pio X, Vivarium Scyllacense, XXVII/1-2, 2016, 9-50. 

Achille Fazzari (in piedi, al centro della foto).
“Alle prime luci del 1908, nell’Italia postunitaria ancora divisa dalla questione romana, un prezioso Evangelario greco-bizantino, dell’XI secolo, riemerse dall’oblio e conquistò per qualche mese la ribalta nazionale. A ritrovarlo in Calabria, in circostanze non del tutto chiarite, fu l’ex volontario garibaldino Achille Fazzari, già noto al paese per le imprese patriottiche e l’impegno politico. Intimo amico e consigliere di Giuseppe Garibaldi, si era battuto eroicamente contro il potere temporale dei Papi nella campagna dell'Agro romano del 1867, rimanendo ferito a Montelibretti; ma nel lontano 1886 fu il primo a levare la bandiera della riconciliazione fra le due rive del Tevere, avviando l’esplosione conciliatorista che divampò l’anno seguente. Nel maggio di quell’anno si era candidato alla Camera dei Deputati, nel collegio di Catanzaro, con un programma conciliatorista che prevedeva la negoziazione diretta della questione romana fra il Papa e il Re, quasi scavalcando il Parlamento, ma senza alcuna restituzione di territorio alla Santa Sede. Alla candidatura di Fazzari fu opposta quella di Giosuè Carducci. Il candidato calabrese fu eletto con circa 10.000 voti contro i 200 presi dal suo illustre avversario. Il noto civilista Carlo Francesco Gabba definì quell’esito il «grande pronunciamento nazionale» a favore della Conciliazione, e lo scalpore che suscitò nel paese diede vita al movimento fazzarista, che ebbe un certo seguito in Italia, ma anche in Francia e Germania, ed ottenne in quella fase il sostegno dello stesso Leone XIII. Lo storico Arturo Carlo Jemolo, in un celebre articolo sul tentativo di Conciliazione del 1887, definì Fazzari “l’apostolo della Conciliazione”; una missione, quest’ultima, a cui Fazzari rimase tenacemente fedele per tutte la vita, ben oltre la stagione dell’87, pur nelle vicende tempestose e controverse che lo riguardarono; vicende segnate anche dallo scandalo della Banca Romana, cui pure il suo nome è associato, sullo sfondo di quella crisi dell’Italia crispina di cui Fazzari, scriveva Giovanni Spadolini, “è a suo modo un interprete e un simbolo” . 
L’abate Ambrogio Maria Amelli, 
Priore dell’Abbazia di Montecassino.
La notizia della scoperta del codice rimbalzò in breve sui maggiori quotidiani, e suscitò l’interesse di studiosi, prelati e dello stesso Pontefice Pio X. L’abate Ambrogio Maria Amelli, Priore dell’Abbazia di Montecassino, si precipitò addirittura nel “fondo della Calabria” per esaminare il codice, ritenendolo un probabile “avanzo della biblioteca di Cassiodoro”. Fazzari lo accolse a Stilo, nella sua residenza della Ferdinandea. Ne nacque un’amicizia profonda, alimentata da uno schietto amor di patria e dalla passione per la Conciliazione. Sentimenti condivisi nel ricordo dei padri cassinesi Quendal, Bernardi e soprattutto Luigi Tosti, che Fazzari aveva conosciuto più da vicino. Era il momento della distensione dell’età giolittiana che aveva avviato una silenziosa e discreta conciliazione tra lo Stato e la Chiesa. Amelli e Fazzari, impegnati personalmente a negoziare fra il Re e il Papa una riconciliazione fra le due “Rome”, furono senz’altro protagonisti emblematici di questa nuova stagione politica, e l’affare del codice offrì loro un’opportunità straordinaria per perseguire i comuni obiettivi. Amelli, d’accordo con Fazzari, portò con sé il codice a Montecassino per un periodo di studio. 

Papa Pio X nel suo studio
Nel frattempo, l’interesse per l’Evangelario manifestato dal Papa al monaco cassinese ispirò a Fazzari la più temeraria iniziativa dell’epoca conciliatorista. Amelli, amico personale e collaboratore del Pontefice, si sarebbe adoperato per procurare all’ex camicia rossa un’udienza privata con Pio X. E con il pretesto di donare il codice al Papa, Fazzari gli avrebbe parlato della Conciliazione. Era un’impresa ardua, dall’esito rischioso e tutt’altro che scontato. Solo pochi anni prima, don Davide Albertario, direttore dell’Osservatore cattolico, il battagliero sacerdote di Milano che subì la repressione di Rudinì e del generale Pelloux e fu incarcerato, aveva dichiarato che il nome di Garibaldi non poteva essere pronunciato in un’assemblea cattolica senza profanare qualsiasi luogo sacro. Ma l’abate Amelli, che apparteneva a quella razza di monaci che San Benedetto definiva il fortissimus genus, dopo qualche colloquio preparatorio con il Pontefice, riuscì nel suo intento. Il 7 luglio 1908, Achille Fazzari, accompagnato da Amelli e dal figlio Spartaco, varcò la soglia dei Palazzi Apostolici e incontrò Pio X, portandogli in dono l’Evangelario. E in quell’udienza, che suscitò vasto clamore nell’opinione pubblica, trattò col Pontefice la questione della Conciliazione. È indubbio che il fascino esercitato dall’Evangelario, la cui donazione era stata preannunciata al Papa, facilitò la missione dell’abate e del patriota risorgimentale. La Parola antica, fissata da mani oranti su preziosi fogli membranacei, agì da pretesto irresistibile, rendendo possibile ciò che nessuno aveva mai osato sperare: l’incontro conciliatore fra il Papa di Roma e uno dei più valorosi combattenti delle truppe garibaldine. Il mio studio ha ricostruito questa pagina dimenticata della storia d’Italia, individuando nella Biblioteca Apostolica Vaticana il codice greco donato da Achille Fazzari a Pio X, che diversi studiosi ritenevano ormai “irreperibile”, se non perduto. Si tratta del Vat. gr. 2330, un manoscritto tutt’ora inedito che, per il ruolo pacificatore avuto nell’Italia postunitaria, ho ribattezzato Evangelario della Conciliazione.

Le vicende relative all'Evangelario dopo il suo ritrovamento, con la prima descrizione del codice, e il resoconto dettagliato dell’udienza concessa da Pio X ad Achille Fazzari sono contenuti nella mia pubblicazione, che potete richiedere nel formato pdf a quest'indirizzo email: domenicocondito@gmail.com .

Vedi anche: Ritrovamento di un prezioso evangelario greco-bizantino dell’XI secolo realizzato in Calabria.  

Alcune immagini dell'Evangelario della Conciliazione

S. Marco in una delle miniature dell’Evangelario della Conciliazione, XI sec. 
© Biblioteca Apostolica Vaticana


San Luca seduto allo "scriptorium", Evangelario della Conciliazione. 
© Biblioteca Apostolica Vaticana


Vangelo di Luca, fregio dell‘incipit, Evangelario della Conciliazione. 
© Biblioteca Apostolica Vaticana



© Copyright - Il contenuto di questo post è protetto da copyright, e non può essere replicato, neanche parzialmente, su altri siti web, mailing list, newsletter, riviste cartacee e CD - ROM senza la preventiva autorizzazione dell'autore Domenico Condito, indipendentemente dalle finalità di lucro. L'autorizzazione va chiesta per iscritto via posta elettronica al seguente indirizzo: domenicocondito@gmail.com, e si ritiene accettata soltanto con un preciso assenso dello stesso autore del post. Il silenzio NON dà luogo ad alcuna autorizzazione. Tutti i diritti sono riservati.

Commenti