Giacomo Tropea di Squillace: un madrigalista calabrese tra provincialismo e sperimentazione
Tra Squillace e Napoli, l’itinerario musicale di un compositore inquieto. Un madrigalista ai margini del canone, tra ambizioni cortigiane, scelte poetiche originali e tensioni stilistiche.
Domenico Condito
Domenico Condito
Giacomo Tropea nasce a Squillace, cittadina della Calabria a sud di Catanzaro, tra il 1590 e il 1600. È incerta la data della morte avvenuta a Napoli. Attivo nella città partenopea dopo il 1622, emerge come figura musicale singolare nel panorama napoletano del primo Seicento. La sua attività compositiva è documentata da due libri di madrigali pubblicati a Napoli, rispettivamente nel 1621 e nel 1622, entrambi dedicati a Francesco Filomarino, Conte del Castello Abbate, potente esponente dell’aristocrazia partenopea e mecenate del compositore:
- Madrigali a Cinque Voci di Giacomo Tropea della Città di Squillace. Libro Primo. In Napoli, Appresso Costantino Vitale 1621. - in 4°. Canto, Tenore e Basso;
- Madrigali à Quattro Voci di D. Giacomo Tropea Con dui Madrigali a Cinque Voci nel fine. Libro Primo. In Napoli, Per Costantino Vitale. 1622. - in 4°. Canto, Tenore, Alto e Basso.
La prima raccolta, con venti madrigali a cinque voci, datata 30 maggio 1621, è giunta incompleta, e rappresenta l’esordio editoriale di Tropea. Mostra tratti tipici della seconda pratica napoletana: cromatismi inattesi, contrappunto nervoso e vivace, ma anche dissonanze e progressioni armoniche non sempre brillanti. La scrittura è animata da semicrome declamate e melismatiche, ma meno frequenti rispetto ai madrigalisti napoletani attivi tra il 1616 e il 1620.
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| A destra, la dedica a Francesco Filomarino dei Madrigali a Cinque Voci di Giacomo Tropea (1621); a sinistra, il madrigale Hor che soave l'aura |
La seconda raccolta, pubblicata il 3 maggio 1622, comprende anch’essa venti composizioni, ma a quattro voci. Presenta una scrittura simile alla prima, ma con maggiore frequenza di relazioni cromatiche espressive e triadi aumentate. Otto madrigali sono su testi di Giovan Battista Marino. Tropea modella tre madrigali su versioni precedenti: due di Giovan Domenico Montella e uno di Ascanio Mayone. Il volume include anche un madrigale di Don Ottavio Vitale, compositore altrimenti sconosciuto.
A destra, la dedica a Francesco Filomarino dei Madrigali a Cinque Voci di Giacomo Tropea (1621); a sinistra, il madrigale Su cantate d'Amore ò Pastorella.
Tropea seleziona testi poetici con una certa originalità: circa un quarto dei madrigali si basa su testi inediti, mentre gli altri riprendono poesie già musicate, soprattutto da compositori napoletani. Tra gli autori figurano nomi illustri come Guarini, Marino, Murtola, Chiabrera e Barbarino. Il secondo libro mostra una predilezione per testi già noti e ben radicati nella tradizione madrigalistica, secondo la consuetudine del tempo, mentre il primo si distingue per una maggiore varietà e per l’inclusione di testi meno frequentati.
Un caso particolare è il madrigale L’alba nuntia del Sole, probabilmente composto in omaggio al nuovo viceré spagnolo, Antonio Álvarez de Toledo, duca d’Alba, a testimonianza della sensibilità politica e cerimoniale del compositore.
Tropea si muove tra tradizione e tentativi di innovazione, senza però mostrare una padronanza piena delle tecniche contrappuntistiche più raffinate. I suoi madrigali presentano una struttura prevalentemente accordale, soprattutto nel secondo libro, con poche sezioni imitative e una certa rigidità ritmica. Le melodie sono spesso declamate o melismatiche, ma con una varietà limitata rispetto ai contemporanei più affermati.
Le cadenze impiegano frequentemente il doppio tono guida o si chiudono senza la terza, e le durezze e ligature risultano talvolta forzate o poco espressive. Le relazioni cromatiche e gli incroci armonici, pur presenti, non sembrano frutto di una consapevole ricerca espressiva, ma piuttosto di una tecnica ancora acerba.
Tropea appare solo marginalmente influenzato dai madrigalisti precedenti. Alcuni suoi brani mostrano somiglianze con le versioni di Bellis, Montella e Maione, ma senza una vera assimilazione stilistica. Manca la flessibilità ritmica e il senso del colore che caratterizzano i compositori più maturi. Inoltre, Il confronto con Gesualdo e con gli innovatori del madrigale tardo rinascimentale evidenzia la distanza tra Tropea e le tendenze più audaci e intellettuali del tempo, più per la lontananza dai grandi centri musicali di produzione madrigalistica (Firenza, Roma, Venezia, Padova, Ferrara, Siena) che per mancanza di inventiva.
Tuttavia, pur non raggiungendo livelli di eccellenza, Tropea rappresenta una voce importante per comprendere la diffusione del madrigale in Calabria e nel Mezzogiorno d’Italia. La sua musica riflette le tensioni tra centro e periferia, tra ambizione artistica e limiti tecnici, tra localismo e aspirazioni cortigiane. In questo senso, Tropea è testimone di un mondo musicale in trasformazione, dove la seconda pratica (neologismo introdotto da Claudio Monteverdi) si diffonde anche in ambiti meno noti, contribuendo alla ricchezza del patrimonio musicale italiano.
Il suo stile, seppur imperfetto, rivela una volontà di sperimentazione e una certa originalità nella scelta dei testi e nella costruzione delle strutture musicali. La sua opera, nel complesso, è più adatta alla camera che alla scena pubblica, e richiede un ascolto attento, da parte di un pubblico colto e vigile. In un’epoca in cui gli intenditori di contrappunto diventano sempre più rari, Tropea ci offre uno sguardo prezioso su una Calabria musicale ancora poco esplorata.
Giacomo Tropea, Riede la Primavera Insieme - Vocale "Vox Cordis", Direttore: Maestro Lorenzo Donati




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