San Gregorio Taumaturgo e il colera: fede e miracoli nel Regno delle Due Sicilie

Nel 1837, mentre il colera devastava Napoli e il Sud, la preghiera al Santo del Ponto si diffuse tra i fedeli come invocazione di salvezza. A Stalettì, in Calabria, le sue reliquie continuano a custodire memoria e speranza.
Domenico Condito

Francesco Solimena, “Visione di San Gregorio Taumaturgo” (1680 ca.)
Chiesa di san Domenico- Solofra (Avellino).

Nel cuore del Regno delle Due Sicilie, in tempi di calamità e flagelli, la fede popolare si rivolgeva con fervore all’intercessione di San Gregorio Taumaturgo, vescovo del Ponto e celebre per i suoi prodigi. La sua fama di “facitore di miracoli” attraversava i secoli, alimentata da una tradizione che lo paragonava a Mosè, ai Profeti e agli Apostoli, per la potenza spirituale e la capacità di liberare intere comunità da pestilenze e disastri naturali.


La grande epidemia di colera

Nel maggio del 1817, un’epidemia di colera devastò l’India, segnando l’inizio di una delle più vaste pandemie dell’Ottocento. Nei decenni successivi, il morbo si propagò lungo le rotte commerciali e militari: nel 1819 raggiunse l’Asia centrale e l’Africa orientale, poi l’Arabia, la Persia, l’Iraq, la Siria e il Libano. Nel 1829 colpì la Russia meridionale, nel 1830 Mosca, e da lì si diffuse in Europa centrale e occidentale: Polonia, Germania, Austria, Inghilterra, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svezia e Norvegia.
Nel luglio del 1835, Marsiglia e Nizza furono travolte dal contagio. L’anno seguente, il colera giunse nel Regno Lombardo-Veneto e, nell’ottobre del 1836, raggiunse Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie. L’epidemia si sviluppò in due ondate: la prima, dal 2 ottobre 1836 all’8 marzo 1837, durò 158 giorni; la seconda, più violenta, scoppiò ad aprile e si estese rapidamente in Calabria, Sicilia e fino a Malta. Solo a Napoli si contarono oltre trentamila vittime, tra cui il poeta Giacomo Leopardi, morto nel giugno 1837.


La preghiera stampata ad Avellino nel 1837

Nel pieno della seconda ondata, quando il colera continuava a mietere vittime, Monsignor Daniello Maria Zigarelli (1800–1865), teologo, giurista e storico, nonché cameriere d’onore di Papa Gregorio XVI, compose e fece stampare ad Avellino una preghiera a San Gregorio Taumaturgo. Il testo, diffuso tra i fedeli, invocava la protezione del Santo contro il “flagello” che stava devastando il Regno, e invitava alla conversione spirituale come via di salvezza.


Il testo della supplica a San Gregorio Taumaturgo

“O insigne facitore di miracoli, santo vescovo Gregorio, se tanto fu la ampiezza della grazia ricevuta dall’amorosissimo Dio nel praticare prodigii, per cui foste chiamato il Taumaturgo, e riguardato qual'altro Mosè, assimilato ai Profeti, ed agli Apostoli. Se in vita l’Altissimo accolse benignamente le preghiere, avendo per vostra intercessione allontanato i monti, ed esiccato i luoghi paludosi e gl’inondanti fiumi; e salvata la provincia di Ponto dalla desolatrice peste, lo che accrebbe meravigliosamente le conversioni. Ora che d'avventuroso comprensore della celeste patria godete della visione beatifica di un Dio consolatore, pregatelo a farci trarre profitto dal flagello che ci minaccia, con una santa conversione, e liberateci dal flagello medesimo. Tre Pater e Gloria”.
La preghiera si concludeva con l’invito a recitare tre Pater e un Gloria, in segno di devozione e speranza.
 

Il culto in Calabria: Stalettì e le reliquie del Santo

San Gregorio Taumaturgo è venerato come patrono di Stalettì, in Calabria, dove la chiesa a lui dedicata — di fondazione bizantina — custodisce le sue reliquie. Questo luogo sacro è da secoli centro di pellegrinaggio e devozione, testimone di una tradizione che unisce spiritualità, memoria storica e identità comunitaria.

Francesco Solimena, particolare della “Visione di San Gregorio Taumaturgo” (1680 ca.) 
Chiesa di san Domenico- Solofra (Avellino).


 

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